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Sindacati e associazioni della società civile chiamano alla mobilitazione politica per contrastare il CETA

16.12.16 Editorial
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L'IUF, il sindacato Internazionale del Servizio Pubblico (PSI) e molte associazioni sindacali da entrambe le parti dell'Atlantico, inclusi sindacati affiliati all'IUF, rientrano tra le più di 450 organizzazioni che hanno indirizzato una petizione ai legislatori per rigettare l'Accordo Economico Commerciale e Globale, tra l'Unione Europea e il Canada (clicca qui per leggere la lettera e la lista dei sottoscrittori).

Il Canada e la UE hanno firmato l'accordo il 30 ottobre, portando la maggior parte dei punti dell'accordo verso una "applicazione provvisoria", sebbene esso debba ancora essere ratificato dal Parlamento Europeo e Canadese, così come dai parlamenti nazionali dei singoli Stati Membri, per entrare completamente in vigore.

L'opposizione da parte del parlamento regionale della Vallonia in Belgio ha bloccato la firma già programmata in precedenza, in risposta al fatto che una "Dichiarazione Interpretativa Congiunta" fosse stata frettolosamente modificata per placare la considerevole opposizione pubblica al trattato. Tale dichiarazione non fa nulla per rispondere alle legittime preoccupazioni che hanno portato milioni di persone a manifestare per le strade in Canada e nell'Unione Europea, né fa alcunché per trasformare l'accordo CETA, fondamentalmente antidemocratico, in quel "Trattato Progressista sul Commercio" che i suoi proponenti tentano di vendere.

Il CETA rimane comunque "un accordo di investimento integrato in un progetto di deregolamentazione globale" e le Dichiarazioni Interpretative nulla aggiungono per cambiare questo stato di cose. Le Dichiarazioni contengono, ad esempio, i ridicoli pronunciamenti che affermano che "…il CETA non produrrà l'effetto di favorire maggiormente gli investitori stranieri rispetto a quelli interni. Il CETA non privilegerà il ricorso al sistema giudiziario di Corte Internazionale degli Investimenti (ICS) istituito dall'accordo. Gli investitori possono invece scegliere di seguire un iter giudiziario possibile nelle corti dei singoli Paesi." Tuttavia, gli investitori transnazionali hanno da sempre potuto ricorrere al sistema giudiziario interno. Il sistema giudiziario degli investimenti del CETA che rinomina i già noti tribunali per la composizione delle controversie tra investitori e Stati, crea un sistema giuridico parallelo, accessibile solo ai capitali transnazionali.

La Dichiarazione Interpretativa dichiara solennemente che "CETA preserva la capacità dell'Unione Europea e dei suoi Stati Membri e del Canada di adottare e far applicare le loro leggi e regolamenti che regolano le attività economiche nell'interesse pubblico, al fine di raggiungere obiettivi legittimi in materia di politiche pubbliche…". Tale commento "interpretativo" semplicemente richiama la parte del testo del trattato che afferma anche un generico diritto alla regolamentazione - un diritto, per di più, che è sancito all'interno della legge che regola diritti umani consueti e non necessita di ulteriori conferme nel testo di un trattato commerciale. Ma, sotto il CETA, i governi "preservano" il diritto di legiferare solo nella misura in cui leggi e regolamenti siano "non-discriminatori" nei confronti degli investitori stranieri, siano "non gravosi" (per le multinazionali) e nella misura in cui i cittadini siano preparati a pagare quando i legislatori esercitino il loro mandato per proteggere l'interesse pubblico.
Nel caso in cui un investitore transnazionale contestasse le misure, l'organo giudiziario degli investimenti dovrà determinare se si sia verificato un "esproprio indiretto", mediante una "…indagine basata sui fatti che prenda in considerazione, tra gli altri fattori, l'entità con cui la misura o la serie di misure in questione interferiscono con le aspettative ragionevoli di investimenti garantiti." (CETA, Allegato 8A, dove "le parti confermano che l'esproprio può essere diretto o indiretto").

In più, l'attacco ai governi democratici non è limitato al nuovo look che viene dato al meccanismo giuridico di composizione delle dispute tra Stati e investitori. Le dichiarazioni espansionistiche degli investitori transnazionali permeano l'intero trattato, incluso i capitoli sugli appalti e contratti pubblici, sui regolamenti interni, sulla proprietà intellettuale e sui servizi finanziari, temi che la Dichiarazione Interpretativa non finge nemmeno di trattare.

Ben lungi dall'essere "progressista", inoltre, "…il CETA è una versione antiquata e anche più invasiva della vecchia agenda sul libero scambio progettata da e per le maggiori multinazionali del mondo" annota la dichiarazione congiunta. Le multinazionali USA, attraverso le loro controllate canadesi possono fare buon uso del CETA per attaccare le leggi ed i regolamenti UE presenti e futuri che trovino onerosi e il CETA fornisce inoltre una piattaforma per le multinazionali non europee con controllate in Europa, per attaccare i regolamenti di interesse pubblico in Canada.

Il CETA instaura un regime di investimenti che preclude le misure di investimento davvero progressiste di cui i governi futuri avranno bisogno per perseguire obiettivi democratici e ridurre le disuguaglianze. Le vesti nuove di questo Trattato sono già logore. La Resistenza dovrà organizzarsi per la sua sconfitta.