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Accordi commerciali e la presa del potere delle multinazionali col TTP - La resistenza deve continuare

01.02.16 Editorial
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Dopo otto anni di negoziati segreti, il 4 febbraio 2016 i Governi sottoscriveranno il TransPacific Partnership Agreement in Nuova Zelanda*. Il testo del trattato, che è stato reso pubblico solo lo scorso Novembre, conferma tutte le critiche avanzate all'accordo, quando attraverso fughe di notizie, alcune parti del trattato furono pubblicate. Tali critiche erano state evidenziate perfino prima che le multinazionali non si mostrassero timide nell'evidenziare i loro obiettivi. Il TTP nella sua forma finale mostra che le Multinazionali hanno ottenuto ciò che volevano: un accordo che minaccia la Democrazia.

Il TTP conferma l'estendersi di nuovi poteri agli investitori transnazionali, codifica il loro "diritto" di portare in giudizio i Governi attraverso ristretti arbitrati contro ogni legge, regolamento, decisioni di tribunali nazionali e atti governativi che possano far fallire le "aspettative" degli stessi investitori transnazionali - la famosa clausola ISDS. In altri simili trattati commerciali, l'ISDS, è stata usata con successo dalle multinazionali per contestare il potere dei Governi di impedire o regolamentare la restrizione del trasporto, della produzione e della gestione di materiale chimico tossico; di autorizzare l'uso del suolo e delle risorse idriche; di promuovere energie alternative; di ristrutturare il debito pubblico; di eliminare i pesticidi altamente tossici; di mantenere gli standard di sicurezza alimentare e di richiedere alle multinazionali la tracciabilità dei prodotti che immettono sul mercato. Il TTP codifica le caratteristiche più "tossiche" di questo meccanismo e prevedono una definizione elastica di "investimento" che conferisce un potere extra legale ai possessori transnazionali di azioni, di bonus, di strumenti finanziari speculativi come i derivati, i permessi e le proprietà intellettuali. Il trattato espande la portata dell'ISDS di fare ricorso sui servizi finanziari, dando alle multinazionali il diritto di ricorrere contro le misure regolatorie dei Governi che impediscono di soddisfare le loro "aspettative" o uno "standard minimo di trattamento". Questa è una testa d'ariete per abbattere perfino le modeste misure prese sulla scia del crollo finanziario del 2008 e che preparano lo scenario per nuove crisi bancarie.

Il capitolo del Trattato sulla proprietà intellettuale estende la durata e la portata delle protezioni sui copyright e brevetti esistenti e permette potenzialmente di fare causa ai Governi per le politiche ed i prezzi stabiliti sulle medicine salvavita. Le nazioni firmatarie sono obbligate a sottoscrivere un trattato, "La Convenzione Internazionale del 1991 sulla protezione delle nuove varietà di Piante" che garantisce alle multinazionali il "diritto" di brevettare ogni specie di pianta e allo stesso tempo impedisce agli agricoltori di scambiarne i semi. Le altre previsioni del Trattato aprono la porta alle Corporazioni circa la possibilità di sfidare il potere del Sistema Pubblico di supervisione e vigilanza sulle biotecnologie indebolendo le resistenze e aprendo la strada ad una ulteriore espansione delle piante modificate geneticamente (coperte da brevetti) e dei pesticidi ad esse associate.

La regolamentazione dei servizi nazionali coperti dal trattato è protetta dai ricorsi degli investitori solo fino a quando saranno regolamentati in "maniera ragionevole, oggettiva e imparziale". Se da un lato nel TTP non c'è un capitolo sui servizi pubblici in appalto, i Governi firmatari saranno obbligati ad iniziare i negoziati entro tre anni per ampliare il "raggio di azione" delle multinazionali.

Il TTP va molto oltre le regole dell'attuale trattato WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e perfino oltre molte disposizioni di Trattati commerciali regionali e bilaterali che sono addirittura oltre quanto previsto dal WTO, in materia di proprietà intellettuale, servizi finanziari, cibo, agricoltura e biotecnologie che le multinazionali hanno a lungo desiderato di ottenere. Si indebolisce il diritto democratico dei Governi di legiferare e di regolare nell'interesse pubblico ed in tal modo si indebolisco diritti umani fondamentali quali il diritto al cibo, alla salute e alla educazione. Se ratificato, il Trattato, impedirebbe seriamente gli sforzi per creare occupazione di qualità, promuovere la produzione alimentare sostenibile e di affrontare il cambiamento climatico usando la leva degli investimenti pubblici.

La presa del potere delle multinazionali è inserito dentro un linguaggio nel quale si promette di proteggere il diritto dei Governi di regolare nell'interesse pubblico purché tali regole siano sottomesse alla logica del mercato, incontrino le "aspettative" degli 'Investitori' e siano "non discriminatorie". Con il TTP, in effetti i Governi possono 'regolamentare' ma solo se preparati a pagare milioni alle multinazionali e alle loro squadre di avvocati. Il capitolo sui diritti del lavoro obbliga tre Stati (solo!) - Brunei, Malesia e Vietnam - ad introdurre il nucleo fondamentale delle Convenzioni ILO dentro le legislazioni Nazionali, ma rimane essenzialmente retorico ed inapplicabile. Il Capitolo sull'Ambiente, pubblicizzato dall'amministrazione Obama come il più forte mai definito in un trattato commerciale internazionale, segna un ripiegamento in confronto ad altri impegni internazionali assunti dagli USA. Più nello specifico, nessun trattato che garantisce un tale ampliamento del potere delle multinazionali può essere bilanciato attraverso garanzie sui diritti del lavoro o sull'ambiente ed il processo del trattato richiede che le nazioni firmatarie adatteranno la propria legislazione in conformità con le pretese delle multinazionali. Se il mondo del lavoro vuole portare avanti la propria agenda, il TTP e accordi simili debbono essere sconfitti, non modificati o "migliorati".

I sindacati ed i loro alleati hanno un periodo di tempo per fermare il TTP. La firma del Trattato deve essere seguita dalla ratifica da parte dei Governi sottoscrittori; tuttavia la ratifica di sei nazioni che rappresentano almeno il 60% del prodotto interno lordo delle dodici nazioni coinvolte, può far entrare in vigore il Trattato per le sei ratificanti. Coloro che sono contro tale trattato sono riusciti ad far aumentate la consapevolezza a livello globale sull'impatto distruttivo del Trattato e le elezioni Usa quest'anno aggiungono insicurezza e le controversie relativamente al processo di ratifica negli Stati Uniti e nelle altre potenze economiche. Il movimento sindacale e i suoi alleati debbono fare pieno uso di questa opportunità loro data.

*NdR: il TTP riguarda le nazioni dell'Area del Pacifico che sono: Stati Uniti, Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam. Tale trattato non va confuso con quello riguardante la sponda Atlantica chiamato TTIP

(Ringraziamo FLAI-CGIL per la traduzione)